Lavoratori stranieri: La comprensione della lingua italiana per la sicurezza nei luoghi di lavoro

La conoscenza della lingua italiana da parte dei lavoratori stranieri è un elemento fondamentale per la comprensione delle regole in ambito lavorativo e conseguentemente dei comportamenti sicuri e corretti da parte dei lavoratori.

Il livello di competenza necessario per cominciare a familiarizzare con i linguaggi settoriali e le tematiche della sicurezza sul lavoro si ritiene sia l’A2/A2+ del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue. Il Quadro Comune individua sei livelli di competenza linguistica: A1- principiante, A2-elementare, B1-intermedio, B2-post intermedio, C1-avanzato, C2.

Sono oltre 5 milioni gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2022. L’8,5% dell’intera popolazione residente. Dal 1° gennaio 2015 al 1° gennaio 2022, il numero di stranieri residenti è aumentato di 130 mila unità. Romeni (1.190 mila), albanesi (440 mila), marocchini (417 mila), cinesi (291 mila) e ucraini (237 mila) sono le comunità più numerose, ma dal 2017 al 2022 è stata molto più intensa la crescita di altre nazionalità:

  • nigeriana (+19,8%),
  • ivoriana (15,7%),
  • bengalese (+7,8%),
  • egiziana (+6%),
  • pakistana (+6,3%).

Lavoratori stranieri: i settori di attività e i profili professionali

Diversi sono, invece, gli ambiti di attività dove si registrano tassi di occupazione più significativi per la componente straniera. Su tutti troviamo il settore legato all’erogazione di “servizi collettivi e personali” in cui la presenza di lavoratori stranieri è pari al 36,6% (2021). A seguire, l’incidenza occupazionale degli stranieri risulta essere più rilevante nei seguenti settori:  

  • alberghi e ristoranti (17,9%),
  • agricoltura (17,9%),
  • costruzioni (15,2%).

Il problema è di grande attualità, e sicuramente lo diventerà ancora di più: quale è il livello di conoscenza della lingua italiana da parte dei sempre più numerosi lavoratori stranieri occupati nelle nostro aziende? Una domanda solo all’apparenza astratta e teorica, che in realtà, se appena entriamo nei dettagli, ha numerose e gravi implicazioni pratiche. Siamo sicuri che tutti i lavoratori stranieri presenti nella nostra azienda – assunti, a tempo determinato, di ditte esterne etc. – siano in grado di:• leggere la loro lingua madre, ovvero non siano analfabeti;• comprendere le principali “parole di allarme e di pericolo” della lingua italiana, quali, ad esempio: fermati, alt, torna indietro, attento, vai a destra o a sinistra, spegni la macchina, frena, abbassa il carico etc.• leggere e capire il senso dei cartelli di indicazione e di pericolo presenti in azienda: vietato fumare, non accendere la macchina, stop, area di sosta, vietato l’accesso ai carrelli, non salire etc.;• leggere e capire i manuali d’istruzione delle macchine cui sono addetti, oppure gli avvisi affissi nella bacheca, e potremmo continuare a lungo. In altri termini, sarebbe perfettamente inutile spiegare norme di sicurezza e di comportamento, o procedure tecniche e impiantistiche, a persone che non capiscono una parola d’italiano. E non si tratta di un problema occasionale: in un’indagine a campione svolta dall’Azienda ULSS 22 della Regione Veneto, è emerso che un quarto dei lavoratori stranieri indagati “non è in grado di comprendere l’informazione e la formazione erogata dall’azienda”. Con non pochi casi di analfabetismo, anche tra lavoratori residenti in Italia da molti anni.

La norma.

Il lavoro degli stranieri extra-UE in Italia è normato dal D. Lgs. n. 286/1998 (Testo Unico sull’immigrazione). Il Testo Unico ha subito modifiche ed integrazioni nel corso degli anni ed è solo a partire dal 10 marzo 20128, data dell’entrata in vigore dell’Accordo di integrazione, che si lega la conoscenza della lingua italiana alla permanenza in Italia degli stranieri, e di conseguenza, alla possibilità di continuare a vivere, e a lavorare, in Italia.

In particolare, per quanto riguarda la conoscenza della lingua italiana, il requisito richiesto è equivalente almeno al livello A2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue (QCER). In termini generali il livello A2 è descritto nel QCER nel modo che segue:

L’argomento è presente anche nell’ Art. 36 comma 4 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81: Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Test aziendale di lingua italiana per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro

In cosa consiste?

Il test è strutturato in 4 parti con una durata complessiva di 35-40 minuti, così articolato:

  1. prova di lettura: 7-8 minuti
    1. prova di ascolto: 8-10 minuti
    2. prova di lessico: 10-12 minuti
    3. prova funzionale: 10 minuti

Uso degli interpreti in azienda

In varie aziende dove sono presenti gruppi omogenei di lavoratori stranieri, uno di loro svolge, solitamente, la funzione di “interprete” e di “interfaccia” tra l’azienda e il gruppo di stranieri, non di rado provenienti dalla stessa regione, se non dalla stessa città. Questo “interprete” è un po’ l’anello di congiunzione tra gli stranieri, che in genere non conoscono una parola d’italiano, e l’azienda e gli altri lavoratori: è l’interprete a spiegare cosa fare, come farlo, a trasmettere gli ordini ricevuti dal caporeparto, a tradurre documenti, a illustrare il funzionamento di macchine etc. Una situazione che tuttavia non può essere accettata, sia da un punto normativo che sostanziale, potenzialmente pericolosissima: in situazioni di emergenza, o anche solo di urgenza, dove i tempi di reazione dovrebbero essere nell’ordine dei secondi, non sarebbe proprio il caso di attendere la traduzione di un interprete.

Suggerimenti su come fare

La Legge, e il buon senso, ci suggeriscono come comportarci in questi casi:• verificare il grado di conoscenza della lingua italiana dei lavoratori stranieri;• qualora tale conoscenza non sia sufficiente, sottoporli a corsi di alfabetizzazione, con verifica di apprendimento;• eseguire quindi la vera e propria “informazione e formazione” per l’avviamento al lavoro in reparto.
Di fronte a questo problema, appare quindi indispensabile che i lavoratori stranieri siano sottoposti a un vero e proprio “test di conoscenza della lingua italiana”, come fase preliminare a qualsiasi attività di “informazione e formazione”. Il test proposto da EST è costituito da una serie di questionari, anche a carattere visivo e intuitivo, che dovrebbe essere tenuto in archivio, allegato al fascicolo formativo del lavoratore, a disposizione di eventuali ispezioni degli organi competenti.

Un lavoratore autonomo linguisticamente:
‐ è più consapevole del proprio ruolo nell’organizzazione;
‐ è parte attiva dell’azienda;
‐ è sensibile alle richieste;
‐ è più integrato nel tessuto sociale;
‐ è più collaborativo con i colleghi di lavoro;
‐ sperimenta il senso di appartenenza nell’organizzazione;
‐ può leggere le istruzioni;
‐ può fare richieste e chiedere spiegazioni;

Related Posts